bimba povera di schiena cammina verso la famiglia

Un ponte possibile tra prima e dopo

La resilienza emotiva

Vi siete chiesti come mai alcune persone reagiscono positivamente a qualsiasi cosa, anche la più terribile  ed altri, per un lutto, un fallimento, una separazione o una malattia arrivano a considerare la vita insopportabile?

Due estremi, due modi di affrontare la vita.

Certo di fronte all’attuale pandemia, in cui il covid19 interessa ormai tutto il mondo, il rischio di trasformare un’emergenza sanitaria in un’epidemia di insicurezza esiste. Lo stress emotivo potrebbe intaccare la capacità di ragionare. Ma se lo permettessimo, non otterremo nessun risultato positivo.

Quando si ha paura meglio non prendere decisioni, meglio stare fermi…non correre rischi inutili.

Invece noi possiamo fare qualcosa di molto importante utilizzando questa situazione come una grande opportunità.

La capacità di chi sopravvive meglio degli altri  è nella resilienza.

Coniato in ingegneria, questo termine indica la capacità di un materiale di farsi deformare da una pressione esterna per poi recuperare la forma originale quando la pressione si arresta.

Se pensiamo che anche i meccanismi che regolano la nostra vita sono collegati (pensiamo al rapporto tra sistema simpatico e parasimpatico) e se adottiamo la coscienza della resilienza, questa si trasmette nelle relazioni in maniera positiva. Quindi, anche la capacità del sistema di adattarsi a un cambiamento si può definire resilienza collettiva.

Perché allora non proviamo a fare un viaggio-cambiamento, anche in questa situazione! Trasformiamo il problema in una sfida.

Io sono convinto che sfruttando questa circostanza potremo toccare con mano i nostri limiti e mettere a punto valori e comportamenti più adeguati, evolverci. Questa sorta di “messa in pausa” dovrebbe servire a ripulirci da ciò che non ci serve, per ritrovare l’equilibrio emotivo che ci consentirà di crescere. Un letargo forzato da cui potersi risvegliare più forti e consapevoli di prima. La chiave è preservare la nostra forza emozionale.

Le nostre abitudini sono come un’ancora e quando siamo costretti a cambiarle, ci sentiamo in mare aperto. Proviamo allora a pensare diversamente, ad  entrare il più possibile nella dimensione senza tempo del gioco e dell’immaginazione, a concentrarci su cose da fare per evitare che l’ansia prenda il sopravvento. E se il pessimismo e lo sconforto dovessero bussare alla nostra porta, allontaniamoli.

Dobbiamo isolarci per non contagiarci…ma pensiamoci: siamo più vicini adesso che non quando eravamo sparpagliati per strade, aeroporti, treni, presi dai nostri impegni. Potremmo coniare un modo di essere più umano, più gentile, rallentando i nostri ritmi e rispettando noi stessi e gli altri.

Ricordiamo che quando facciamo qualcosa che ci dà piacere, sviluppiamo dopamina, l’ormone della motivazione.

Creiamo un ponte tra prima e dopo il Corona virus. In questo senso mi auguro che questa esperienza possa essere l’occasione che ci faccia comprendere anche il valore della gentilezza, il rispetto per gli altri, perché gli altri, per fare una nota citazione, siamo noi!

Marco Cicotti

Nuotatore in mezzo alla strada nuota controcorrente

Paura e gestione dell’emergenza

Da qualche giorno il Covid 19 è entrato a pieno titolo nel nostro quotidiano.

Il virus che si è diffuso velocemente, diventando presto una pandemia, si associa ormai ad immagini surreali di città deserte, con attività e negozi chiusi …una situazione di paralisi momentanea che genera incertezza e paura.

Nell’ultima settimana, abbiamo assistito alle reazioni più assurde: assaltare i supermercati, andare a sciare per evadere, intasare i treni cercando di allontanarsi dalle zone “rosse”, approfittare per tornare al sud dai parenti, pensare ad un attentato o ad un complotto politico internazionale….

Da sempre l’uomo ha avuto paura di ciò che non conosce.

In queste occasioni si accende l’emozione della paura, scatta la difesa, e scattano anche comportamenti irrazionali e la diffusione delle fake news che peggiorano le cose.

Anche in natura gli animali, se si sentono in pericolo, a volte hanno comportamenti illogici che finiscono per aggravare la situazione.

Di fronte a un grande pericolo imminente qualcuno si  paralizza, sperando di non essere visto dal pericolo, qualcuno scappa pensando di sfuggire, qualcuno si attrezza per combattere. Le persone non reagiscono in modo uniforme a queste avversità: molti, colti da disagi o disadattamento, sviluppano ansia, paura, depressione.

Ma cos’è la paura? Molti anni fa il presidente degli Stati Uniti Franklin Roosevelt disse che “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”, concetto ormai condiviso da molti, anche se non facile da mettere in atto!

Ma allora che fare?

Affrontare l’emergenza e le maxi-emergenze, secondo la mia esperienza nelle varie missioni a cui ho partecipato in qualità di psicoterapeuta, dove ho visto situazioni di malattia, fame e guerra, mi ha insegnato che la paura potrrebbe produrre effetti negativi. La paura esiste, va riconosciuta, accettata solo se serve a “tenerci all’erta”, altrimenti potrebbe tramutarsi in panico, ovvero paralizzarci.

Il supporto di noi psicoterapeuti in questi casi è sempre stato fondamentale per questo motivo: aiutare a capire il momento, a prendere le distanze da ciò che è successo, a pensare diversamente, per agire nella giusta prospettiva, permettendo alla comunità di incanalare le energie positive e portare avanti i progetti.

Per prima cosa, prendere atto della propria paura, anche perché la paura è contagiosa. Il nostro cervello comunica attraverso i “neuroni specchio”, quelle cellule che per dirla in breve, consentono di entrare in empatia con gli altri. Quindi, se il nostro cervello è predisposto, può avvenire anche il contagio emotivo, che in certi casi non è meno pericoloso di quello infettivo.

In questo momento di isolamento forzato, i social la stanno facendo da padroni. Ricordiamoci che far circolare punti di vista spesso personali e sbagliati può diffondere anche un altro tipo di virus:  proprio la paura collettiva.

Pensiamo invece che si tratta di uno strumento importantissimo! Anche l’aspetto sociale della tecnologia ci può aiutare a risolvere problemi e a stare insieme. Con gli strumenti a disposizione possiamo lavorare, fare progetti, comunicare.

Prendiamoci un momento di riflessione e meditazione collettiva che possa davvero aiutarci a rigenerare un sacco di abilità sociali che ci possono condurre ad una vita di maggior benessere.

Marco Cicotti