uomo scrive su fogli carta

La relazione paziente-terapeuta

Con questo elemento se ne introduce un altro che riguarda specificatamente la natura del rapporto paziente-terapeuta. Affinché la terapia abbia successo, questo rapporto deve rimanere all’interno dello studio, senza travalicare i confini della psicoterapia. Paziente e terapeuta non possono essere amici o “vedersi fuori” perché il rapporto che si instaura fra queste due persone è molto di più e molto altro rispetto all’amicizia: si tratta di una relazione estremamente intima nella quale il paziente ripropone i modi in cui vive il mondo e le relazioni esterne nonché i suoi vissuti più profondi e personali.

Riportare in seduta tutto questo materiale permette una rielaborazione “dal vivo” dei temi ripetitivi, con conseguente miglioramento delle relazioni con gli altri e con se stesso, unitamente all’acquisizione di una maggiore consapevolezza di bisogni e desideri. Si tratta di un processo reso UNICO dall’essere coinvolti in una relazione terapeutica e non amicale.

L’amicizia è una parte essenziale e preziosa della vita; è solo diversa dal rapporto con il terapeuta e non va confusa.

Anche se ciò non toglie che il terapeuta metta in campo, oltre alle competenze professionali, tutte le sue qualità umane di vicinanza, di sostegno e di partecipazione emotiva, garantendo un costante clima di calorosa accoglienza.

Un’altra conseguenza di tale regola è che anche i contatti telefonici tra paziente e terapeuta debbano essere limitati a comunicazioni di “servizio”, per eventuali spostamenti o disdette di appuntamenti, rimandando al momento della seduta tutto ciò che è personale. Ripetiamo ancora che il contratto è rigoroso ma non rigido ed è auspicabile che il paziente impari a valutare la gravità o l’eccezionalità dei motivi che possano eventualmente giustificare l’eccezione alla regola.

Tutto ciò che avviene e viene detto durante le sedute è coperto dal segreto professionale, obbligo che il terapeuta è severamente tenuto ad osservare, pena denuncia all’Ordine degli Psicologi.

Il paziente, dal canto suo, è invitato a trattare con discrezione e riservatezza quanto emerge dai colloqui. Riportare ad un amico o ad un familiare una frase, un’osservazione, fuori dal contesto terapeutico, snatura i contenuti, ne toglie il senso originale, li “contamina” per così dire, creando confusione ed equivoci nella mente del paziente e nel suo rapporto con il terapeuta. Per lo stesso motivo, non sono ammessi colloqui o incontri con amici o familiari del paziente a meno che il terapeuta non ritenga che il paziente sia in grave pericolo per sé o per gli altri.

Qualora tuttavia il paziente si sottoponga a trattamento psicoterapeutico e contemporaneamente a trattamento farmacologico presso un professionista medico psichiatra, è previsto ed auspicabile un rapporto di collaborazione tra le due figure curanti. Questo naturalmente previo consenso del paziente unito alla garanzia che il confronto psicologo-psichiatra avverrà sul piano dell’andamento sintomatologico, cercando di preservare al massimo i contenuti personali della seduta.

Dott.ssa Maria Rita Pederzani

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