donna seduta gesticola vista da dietro

Cosa fare in famiglia

Se è indubbio che una malattia come la Depressione sia una esperienza dolorosissima per chi la subisce è certo che anche per i familiari si tratta di una dura prova da superare.

Al dolore di vedere una persona amata soffrire psicologicamente in modo rilevante si aggiunge la frustrazione di non sapere come poterla aiutare, di non avere mezzi e modi per potersi rendere utile. Spesso la frustrazione di non riuscire capire come essere di utilità è davvero molto forte e, alla lunga, causa a sua volta di malessere psicologico.

Purtroppo, come abbiamo già sottolineato in altre parti di questo sito, la Depressione, la vera Depressione, e’ una malattia vera e propria. L’umore, lo stato d’animo di chi ne soffre non è pertanto modificabile sostanzialmente con parole ed atteggiamenti dei familiari. Ciò è vero soprattutto nelle fasi acute della malattia, quando la depressione è più severa. Mentre magari quando il paziente comincia a migliorare qualche cosa si può fare.

Pertanto, nelle fasi iniziali, l’impotenza per i familiari ed amici è grande.

Intanto è importante cosa non dire. È normale avere la tentazione di “scuotere” il depresso, magari con forti insistenze e sollecitazioni eccessive. Sento quasi sempre frasi rivolte al paziente di questo tipo: “Devi farti forza, non ti stai aiutando, ti lasci andare, sei privo di volontà!! Esci, stai in compagnia, smetti di compiangerti”, con l’unico risultato di avvilire ancora di più il paziente, che già si sente in colpa per non riuscire a fare nulla ed aggiungendo a demoralizzazione ulteriore sfiducia. Il paziente infatti non si sente compreso, si sente solo umiliato ed ancora più oppresso dalla colpa. Oppure, peggio ancora: ”Butta via tutte quelle medicine, non servono a nulla. Devi farcela con la tua sola forza di volontà’. Anche Tizio e Caio avevano la depressione, ce l’hanno fatta da soli!”

Cosa e’ meglio dire“Certo, puo’ essere un brutto periodo, ma noi ti stiamo vicino e ti capiamo. Sappiamo che non dipende dalla tua volontà e che non riesci a fare a meno di sentirti così. Ma è un periodo che, con cure e pazienza, passerà. Vedrai che guarirai e tornerai ad avere voglia di fare le cose ed ad apprezzare al vita”. Non aspettatevi che il paziente migliori o che sia in grado di credervi. Certamente vi sarà grato e riconoscente.

Quindi aiutare il paziente ad accettare la malattia e soprattutto ad accettare le cure, i colloqui ed i farmaci, per non avvilirlo ulteriormente e fargli superare il periodo di latenza delle terapie. Spesso i farmaci infatti non agiscono se non dopo 20 od anche 30 giorni. Oppure a volte è necessario cambiare una terapia inizialmente poco efficace o che comporta qualche effetto collaterale sgradevole.

Cosa fare: purtroppo all’inizio della patologia, soprattutto se grave, ci sono poche cose da fare. Stare vicino alla persona sofferente è comunque importante. Anche la vostra semplice presenza, sopportando l’angoscia di una persona depressa è però già molto. Poi, man mano che migliora, è opportuno stimolarla con impegni progressivi ed alla sua portata, evitando stress eccessivi. È per esempio controproducente imporre impegni sociali troppo gravosi (ad es. feste o addirittura lavoro) a chi fatica anche ad uscire di casa!

Insomma non vi sono regole precise ma solo atteggiamenti e stimolazioni che variano, non solo da persona a persona ma anche in base all’andamento della malattia in ogni paziente. Basatevi sulla vostra sensibilità ed eventualmente chiedete al terapeuta.

Fondamentale: evitate assolutamente che una persona depressa prenda decisioni importanti di vita nel periodo di malattia, quali licenziamenti, vendite di immobili ecc. Spesso confonde i problemi di vita con la malattia e può mettere in atto decisioni delle quali può pentirsi amaramente una volta guarito!

Raffaello Biagi

pillole in cucchiaio e confezioni medicine su fondo bianco

Terapia farmacologica della depressione

“Dottore, non mi curerà mica con degli psicofarmaci!”

A proposito di pregiudizi difficili da superare: subito dopo quelli nei confronti degli psichiatri (complici molti film, sulla falsariga di Hannibal Lecter, lo psichiatra cannibale!) la maggior parte dei pregiudizi riguardano i farmaci da loro usati: gli “psicofarmaci”! Cosi non è raro sentire un paziente emettere l’esclamazione sopra riportata durante una visita. Ma sono davvero farmaci così terribili? E se non lo sono perché tanta preoccupazione?

Andiamo con ordine: l’uso di farmaci capaci di trattare con efficacia malattie psichiche è relativamente recente, parte infatti dalla metà degli anni 50 del 1900. Farmaci sedativi per pazienti gravi, ma anche terapie più leggere per la depressione. Hanno avuto un impatto rivoluzionario nella pratica medica permettendo di trattare finalmente non solo depressi e ansiosi con terapie ambulatoriali efficaci. Purtroppo avevano effetti collaterali evidenti, soprattutto le terapia per i pazienti gravi, tali comunque da rendere chi li assumeva facilmente identificabile e non certo in modo positivo: aspetto rallentato, sedazione. Icona vivente di uno stato umano non certo rassicurante e gratificante.

Ancora oggi molto spesso chi usa psicofarmaci viene identificato in quelle povere persone.

È evidente pertanto che chi vuole curarsi non intende assolutamente assomigliare neppure in minima parte a quelle immagini e tende a diffidare dei farmaci!

Fortunatamente negli anni sono statei sintetizzati numerosi farmaci che non hanno assolutamente alcun effetto di sedazione o di rallentamento. Sono inoltre molto sicuri, spesso sono decisamente meno pericolosi e danno molti meno problemi di altri farmaci di uso comune.

Certo, effetti collaterali dei farmaci ve ne possono essere e ogni persona risponde in modo specifico al farmaco. Tuttavia la gran parte dei pazienti che assume terapie antidepressive non dimostra alcun segno esteriore di tale assunzione. In poche parole nessuno si accorge che stanno prendendo farmaci antidepressivi!

Purtroppo il pregiudizio sui farmaci antidepressivi, che sono psicofarmaci ma non certo del tipo che viene temuto dall’inconscio collettivo, tiene lontane molte persone da una cura specifica della depressione, causando sofferenze inutili, ritardando la terapia e rendendo più difficile la guarigione. Non raramente mi sento dire dopo una terapia efficace: “Dottore, se l’avessi saputo non avrei aspettato tanto a curarmi!”

Pertanto un consiglio spassionato: non abbiate inutili timori. Se soffrite di stati d’animo depressivi chiedete al vostro medico se è opportuna una terapia specifica! Non ve ne pentirete!!

Raffaello Biagi