donna che scrive su agenda

Psicofarmacologia per gli psicologi

Qui potete scaricare le diapositive inerenti la classificazione degli psicofarmaci delle lezioni tenute nella scuola di specialità per psicologi.

Il file è in formato pdf ed è protetto dalla password che vi è stata fornita durante la lezione.

Se non l’avete potete richiedermela via email.

donna seduta gesticola vista da dietro

Cosa fare in famiglia

Se è indubbio che una malattia come la Depressione sia una esperienza dolorosissima per chi la subisce è certo che anche per i familiari si tratta di una dura prova da superare.

Al dolore di vedere una persona amata soffrire psicologicamente in modo rilevante si aggiunge la frustrazione di non sapere come poterla aiutare, di non avere mezzi e modi per potersi rendere utile. Spesso la frustrazione di non riuscire capire come essere di utilità è davvero molto forte e, alla lunga, causa a sua volta di malessere psicologico.

Purtroppo, come abbiamo già sottolineato in altre parti di questo sito, la Depressione, la vera Depressione, e’ una malattia vera e propria. L’umore, lo stato d’animo di chi ne soffre non è pertanto modificabile sostanzialmente con parole ed atteggiamenti dei familiari. Ciò è vero soprattutto nelle fasi acute della malattia, quando la depressione è più severa. Mentre magari quando il paziente comincia a migliorare qualche cosa si può fare.

Pertanto, nelle fasi iniziali, l’impotenza per i familiari ed amici è grande.

Intanto è importante cosa non dire. È normale avere la tentazione di “scuotere” il depresso, magari con forti insistenze e sollecitazioni eccessive. Sento quasi sempre frasi rivolte al paziente di questo tipo: “Devi farti forza, non ti stai aiutando, ti lasci andare, sei privo di volontà!! Esci, stai in compagnia, smetti di compiangerti”, con l’unico risultato di avvilire ancora di più il paziente, che già si sente in colpa per non riuscire a fare nulla ed aggiungendo a demoralizzazione ulteriore sfiducia. Il paziente infatti non si sente compreso, si sente solo umiliato ed ancora più oppresso dalla colpa. Oppure, peggio ancora: ”Butta via tutte quelle medicine, non servono a nulla. Devi farcela con la tua sola forza di volontà’. Anche Tizio e Caio avevano la depressione, ce l’hanno fatta da soli!”

Cosa e’ meglio dire“Certo, puo’ essere un brutto periodo, ma noi ti stiamo vicino e ti capiamo. Sappiamo che non dipende dalla tua volontà e che non riesci a fare a meno di sentirti così. Ma è un periodo che, con cure e pazienza, passerà. Vedrai che guarirai e tornerai ad avere voglia di fare le cose ed ad apprezzare al vita”. Non aspettatevi che il paziente migliori o che sia in grado di credervi. Certamente vi sarà grato e riconoscente.

Quindi aiutare il paziente ad accettare la malattia e soprattutto ad accettare le cure, i colloqui ed i farmaci, per non avvilirlo ulteriormente e fargli superare il periodo di latenza delle terapie. Spesso i farmaci infatti non agiscono se non dopo 20 od anche 30 giorni. Oppure a volte è necessario cambiare una terapia inizialmente poco efficace o che comporta qualche effetto collaterale sgradevole.

Cosa fare: purtroppo all’inizio della patologia, soprattutto se grave, ci sono poche cose da fare. Stare vicino alla persona sofferente è comunque importante. Anche la vostra semplice presenza, sopportando l’angoscia di una persona depressa è però già molto. Poi, man mano che migliora, è opportuno stimolarla con impegni progressivi ed alla sua portata, evitando stress eccessivi. È per esempio controproducente imporre impegni sociali troppo gravosi (ad es. feste o addirittura lavoro) a chi fatica anche ad uscire di casa!

Insomma non vi sono regole precise ma solo atteggiamenti e stimolazioni che variano, non solo da persona a persona ma anche in base all’andamento della malattia in ogni paziente. Basatevi sulla vostra sensibilità ed eventualmente chiedete al terapeuta.

Fondamentale: evitate assolutamente che una persona depressa prenda decisioni importanti di vita nel periodo di malattia, quali licenziamenti, vendite di immobili ecc. Spesso confonde i problemi di vita con la malattia e può mettere in atto decisioni delle quali può pentirsi amaramente una volta guarito!

Raffaello Biagi

pillole in cucchiaio e confezioni medicine su fondo bianco

Terapia farmacologica della depressione

“Dottore, non mi curerà mica con degli psicofarmaci!”

A proposito di pregiudizi difficili da superare: subito dopo quelli nei confronti degli psichiatri (complici molti film, sulla falsariga di Hannibal Lecter, lo psichiatra cannibale!) la maggior parte dei pregiudizi riguardano i farmaci da loro usati: gli “psicofarmaci”! Cosi non è raro sentire un paziente emettere l’esclamazione sopra riportata durante una visita. Ma sono davvero farmaci così terribili? E se non lo sono perché tanta preoccupazione?

Andiamo con ordine: l’uso di farmaci capaci di trattare con efficacia malattie psichiche è relativamente recente, parte infatti dalla metà degli anni 50 del 1900. Farmaci sedativi per pazienti gravi, ma anche terapie più leggere per la depressione. Hanno avuto un impatto rivoluzionario nella pratica medica permettendo di trattare finalmente non solo depressi e ansiosi con terapie ambulatoriali efficaci. Purtroppo avevano effetti collaterali evidenti, soprattutto le terapia per i pazienti gravi, tali comunque da rendere chi li assumeva facilmente identificabile e non certo in modo positivo: aspetto rallentato, sedazione. Icona vivente di uno stato umano non certo rassicurante e gratificante.

Ancora oggi molto spesso chi usa psicofarmaci viene identificato in quelle povere persone.

È evidente pertanto che chi vuole curarsi non intende assolutamente assomigliare neppure in minima parte a quelle immagini e tende a diffidare dei farmaci!

Fortunatamente negli anni sono statei sintetizzati numerosi farmaci che non hanno assolutamente alcun effetto di sedazione o di rallentamento. Sono inoltre molto sicuri, spesso sono decisamente meno pericolosi e danno molti meno problemi di altri farmaci di uso comune.

Certo, effetti collaterali dei farmaci ve ne possono essere e ogni persona risponde in modo specifico al farmaco. Tuttavia la gran parte dei pazienti che assume terapie antidepressive non dimostra alcun segno esteriore di tale assunzione. In poche parole nessuno si accorge che stanno prendendo farmaci antidepressivi!

Purtroppo il pregiudizio sui farmaci antidepressivi, che sono psicofarmaci ma non certo del tipo che viene temuto dall’inconscio collettivo, tiene lontane molte persone da una cura specifica della depressione, causando sofferenze inutili, ritardando la terapia e rendendo più difficile la guarigione. Non raramente mi sento dire dopo una terapia efficace: “Dottore, se l’avessi saputo non avrei aspettato tanto a curarmi!”

Pertanto un consiglio spassionato: non abbiate inutili timori. Se soffrite di stati d’animo depressivi chiedete al vostro medico se è opportuna una terapia specifica! Non ve ne pentirete!!

Raffaello Biagi

ragazzo solo pontile gabbiano cielo nuvoloso

Pregiudizi

“Die Hard”: Duri a Morire!

Tra tutti i pregiudizi che avvolgono le problematiche psichiche quelle riguardanti lo Psichiatra sono le spesso le peggiori!

Psichiatra, Neurologo, Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Malattie Mentali, Neuropsichiatra ecc ecc. Che confusione! Solo per rivolgersi alla persona adatta è già un problema…

Intanto consigliamo di rivolgersi al proprio medico curante prima di recarsi autonomamente da uno specialista, in modo da essere ben indirizzati.

Comunque lo Psichiatra, o più correttamente lo Specialista in Psichiatria, è un laureato in medicina e chirurgia che ha svolto una scuola di specializzazione apposita in psichiatria. Quindi un corso di specializzazione post laurea. Il Neurologo è sempre un Medico che invece ha svolto un corso di specializzazione neurologia. Qual’è la differenza? Molte persone pensano che il Neurologo curi coloro che soffrono delle disfunzioni mentali più lievi mente lo Psichiatra curi quelli comunemente definiti “i matti”. Pertanto mentre accettano di farsi visitare da un Neurologo rifiutano categoricamente di rivolgersi ad uno Psichiatra! “Non sono mica matto, io!”

In realtà lo Psichiatra ha effettuato un training per trattare tutte le problematiche psichiche, a partire dalle difficoltà di vita, di inserimento lavorativo e dalla sofferenza interpersonale per finire alle patologie più gravi, quali la Schizofrenia ed i disturbi comportamentali nel demente. E quindi non necessariamente cura solo le malattie più gravi. Spesso ha anche la qualifica di psicoterapeuta. Può prescrivere farmaci e psicofarmaci. Il Neurologo tratta prevalentemente patologie relative al Sistema Nervoso inteso come organo fisico: dalle Epilessie alle Cefalee, ai disturbi dei nervi periferici, dagli ictus alle paralisi ecc. Anche esso può prescrivere farmaci/psicofarmaci.

Lo Psicologo invece ha svolto un corso di laurea apposito, in Psicologia appunto. Per svolgere la psicoterapia deve, dopo la laurea quinquennale, effettuare una scuola di specializzazione apposita di altri 4 anni. Dopo la specializzazione, quasi sempre presso scuole private di altra professionalità’, si può fregiare del titolo di Psicoterapeuta. Non può prescrivere farmaci di nessun tipo.

Le cose sono poi un pò più complicate ma già sapere queste distinzioni di base è sufficiente per orientarsi nella giungla dei professionisti “PSI”.

In ogni caso per un sospetto diagnostico di depressione ed una cura di base il medico di famiglia ( MMG: Medico di Medicina Generale) è solitamente in grado di impostare una terapia adeguata. Spesso i problemi che i pazienti riferiscono di incontrare nei confronti dei medici di famiglia non sono tanto di competenza quanto di capacità comunicativa. Purtroppo il MMG può avere solo poco tempo e non sempre riesce a spiegare adeguatamente tutte le sfaccettature e gli aspetti della patologia depressiva, rendendo a volte difficile la collaborazione con il paziente e finendo a volte di non rassicurarlo adeguatamente.

Lo psichiatra è invece indispensabile nelle depressioni conclamate, in particolare se determinano già l’insorgenza di problemi lavorativi e/o conflitti familiari. Inoltre se sono presenti idee di inadeguatezza e di taedium vitae (la vita non vale più la pena di essere vissuta, se non vere e proprie idee auto lesive/autosoppressive), oppure in presenza di poca collaborazione nel seguire cure prescritte. Egli è indicato anche in caso di scarsa o nulla risposta alle strategie antidepressive impostate. È inoltre indispensabile in caso di abusi di sostanze, anche di alcolici, ed in tutti i casi di co–morbidità, cioè ove siano presenti nella stessa persona più disturbi psichiatrici (es. attacchi di panico e depressione, disturbi ossessivi e depressione ecc.) e in caso di sospetto disturbo bipolare.

Raffaello Biagi